Riassunto del Codice |
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Il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno (clicca quì per la versione integrale del Codice), elaborato dall'OMS e dall'UNICEF ed approvato dall'Assemblea Mondiale della Sanità nel 1980, non è una legge, ma un codice di comportamento che tutti i sottoscrittori si impegnano a rispettare. Lo hanno sottoscritto, in fasi successive, tutti i paesi membri dell'OMS, ma anche le più importanti compagnie produttrici di alimenti per l'infanzia a cominciare, nel 1983, dalla Nestlè. Il Codice contiene 11 articoli per un totale di 39 commi. La Tabella ne riassume i punti essenziali. L'ultimo articolo del Codice impegna i governi ad assumersi la responsabilità della sua applicazione. Fino al 1997, circa 130 paesi avevano promulgato una legge nazionale ispirata al Codice. L'Italia fa parte di questo gruppo, avendo promulgato il 6 Aprile 1994 il Decreto Ministeriale N° 500. Da notare il ritardo sia nei confronti del Codice (14 anni) sia nei confronti di una direttiva della Commissione Europea che nel 1991 aveva impegnato tutti i paesi membri a promulgare una legge. Da notare inoltre come la legge italiana sia più morbida con le compagnie di quanto non lo sia il Codice, soprattutto nel campo dei rapporti tra compagnie e unità sanitarie (la direzione sanitaria di un ospedale può infatti richiedere per iscritto alle compagnie sia la fornitura gratuita di attrezzature e di materiale didattico e informativo sia la fornitura, gratuitamente o a basso prezzo, di alimenti per lattanti) e nel campo della definizione dei sostituti del latte materno (la legge è rigorosa con i latti iniziali, per i primi sei mesi, ma molto più flessibile per tutti gli altri sostituti del latte materno, comprese le formule di proseguimento). Le compagnie produttrici di sostituti del latte materno hanno sempre commercializzato i loro prodotti in maniera irresponsabile, badando più al profitto che alla salute. Ciò è successo prima del 1981 (la promulgazione del Codice è la dimostrazione di quanto preoccupante fosse la situazione, con milioni di bambini morti e malnutriti a causa di pratiche commerciali scorrette), ma anche dopo e nonostante le leggi nazionali e l'impegno, solo a parole, delle compagnie. Ricordo che nel sottoscrivere il Codice, le compagnie si sono impegnate a rispettare l'articolo 11.3 che dice testualmente: "Indipendentemente da qualsiasi altra misura intesa ad attuare questo Codice (e cioè indipendentemente dall'esistenza o meno di leggi nazionali; nda), i produttori e i distributori dei prodotti coperti dal Codice devono considerarsi responsabili di controllare che le loro pratiche commerciali siano in accordo con i principi e gli scopi del Codice, e devono prendere misure per assicurare che la loro condotta ad ogni livello sia conforme agli stessi". Il Codice continua ad essere violato sia nella lettera che nello spirito. Le violazioni nella lettera sono ben documentate. L'IBFAN (International Baby Food Action Network) documenta centinaia di violazioni nei suoi rapporti annuali; l'ultimo, "Breaking the Rules, Stretching the Rules", pubblicato nel 1998 si riferisce a violazioni documentate in 31 paesi nel 1997. Il rapporto "Breaking the Rules: Europe" riporta i risultati di un'inchiesta condotta nel 1996-97 in otto paesi: Croazia, Georgia, Germania, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Polonia e Spagna. In tutti questi paesi sono state registrate violazioni del Codice. Sarebbe interessante documentare quello che succede in Italia. L'IGBM (Interagency Group on Breastfeeding Monitoring), formato e finanziato in Inghilterra da 29 agenzie tra cui Save the Children, Oxfam, British Medical Association, Institute of Child Health, International Child Health Group, British Association of Community Child Health, Catholic Fund for Overseas Development, Consiglio Mondiale delle Chiese, e varie chiese (metodista, battista, ortodossa), ha commissionato a due ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine uno studio che é stato pubblicato nel Gennaio del 1997 sotto il titolo di "Cracking the Code". Lo studio documenta centinaia di violazioni di circa 40 compagnie registrate su un campione casuale di 40 centri sanitari, di circa 120 operatori sanitari e di circa 800 donne, di cui la metà in stato di gravidanza e l'altra metà madri di bambini sotto i sei mesi d'età, in 4 paesi: Bangladesh, Polonia, Tailandia e Sudafrica. Tra questi, solo il Bangladesh e la Tailandia avevano delle leggi in qualche modo ispirate, come quella italiana, al Codice, mentre Polonia e Sudafrica ne erano prive. Lo studio era talmente serio e scientifico che il British Medical Journal ha accettato di pubblicarlo nell'Aprile 1998, accompagnato da un editoriale nel quale si denunciano ancora una volta i comportamenti scorretti delle compagnie. Anche l'Autorità Britannica per la Concorrenza ed il Mercato ha recentemente dato un colpo alle compagnie, emettendo nel Maggio del 1999 una sentenza con la quale diffida la Nestlè (ma credo che il contenuto della sentenza possa essere esteso a tutte le altre compagnie) ad evitare affermazioni del tipo "abbiamo sempre rispettato il Codice", "siamo impegnati a rispettarlo nei paesi in via di sviluppo", e "non offriamo campioni gratuiti agli ospedali" semplicemente perché non è vero e la Nestlè non lo ha potuto dimostrare. Forse anche la corrispondente autorità Italiana dovrà interessarsi dell'argomento vista la recente denuncia sui costi delle formule per l'infanzia e sulle continue forniture di campioni gratuiti agli ospedali (vedi Avvenire del 13 Maggio 1999). Ma le compagnie violano anche lo spirito del Codice. Stanno, per esempio, lanciando in molti paesi latti speciali per donne in stato di gravidanza e madri che allattano. È evidente come non vi sia nessuna necessità di prodotti di questo tipo, tra l'altro costosissimi rispetto al latte comune. Sono confezioni che riportano sull'etichetta e in tutti gli annunci pubblicitari il nome della compagnia in grande rilievo. Tendono poi ad imitare, nei colori, nei disegni e nelle forme, le confezioni di latte formulato. La loro commercializzazione ha, oltre allo scopo di creare profitti dalle vendite, chiaramente il fine di legare una donna ed una madre ad una marca, in modo che sia più facilmente convincibile ad acquistarla anche per il lattante. Questi latti per donne e madri non sono coperti dal Codice né da alcuna legge nazionale, ed è evidente quale sia il fine ultimo delle compagnie. In maniera simile, alcune compagnie stanno tentando di convincere gli operatori sanitari che il latte di mucca non va bene per bambini fino a tre anni di età, con l'evidente scopo di far bere a tutti i bambini i loro latti formulati (anche i prodotti per i bambini oltre l'infanzia, non meglio definita, non sono coperti dal Codice). In conclusione,
noi consumatori dobbiamo tener gli occhi bene aperti. Da un lato non
dobbiamo credere a tutto ciò che ci viene detto dalle compagnie,
e dobbiamo sempre favorire l'allattamento al seno prolungato (ben oltre
il primo anno di vita e sino a quando madre e bambino vogliono e possono),
accompagnato da uno svezzamento con alimenti appropriati e sani, che
non sono sempre quelli prodotti industrialmente. Dall'altro lato dobbiamo
vigilare, se veramente difendiamo l'allattamento al seno, affinché
le leggi nazionali ed il Codice Internazionale siano rispettati sia
nella lettera che nello spirito. Tabella: I punti essenziali del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno.
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